
La tradizione del riso nel Nord Italia
Per comprendere al meglio perché la tradizione del riso in Italia è così radicata partiamo con qualche informazione di carattere generale su uno dei principali cereali coltivati e consumati nel mondo.
Cos’è il riso
Il riso è una pianta annuale appartenente alla famiglia delle Graminacee. Cereale molto nutriente, nonché facile da reperire perché coltivato in molti luoghi nel mondo, il riso è una fonte importante di carboidrati e contiene proteine e sali minerali.
I chicchi, detti anche cariossidi, contengono soprattutto amido che, unito al glutine, produce un effetto collante, senza però sviluppare alcun tipo di intolleranza. Il riso è un prodotto da molitura e la farina di riso trova largo impiego nell’alimentazione dei celiaci che trovano in questo alimento un grande alleato per la loro dieta.
Tra i cereali, il riso occupa un posto di primaria importanza; non a caso, è sempre più forte l’interesse da parte del consumatore circa le proprietà salutari del riso integrale e dei risi pigmentati, come ad esempio il riso rosso e il riso nero. Questi possono essere considerati come veri e propri cibi funzionali ricchi di polifenoli, composti fitochimici fondamentali per il benessere dell’organismo. Si trovano facilmente negli alimenti di uso comune e possono quindi essere integrati nella dieta con sostanze antiossidanti.
Il riso è un cereale molto antico, tra i primi ad essere utilizzato. Sicura è la sua origine orientale ed è certo che il primo tentativo di coltivazione di questo cereale risale a un periodo che va dagli 8.200 ai 13.500 anni fa sulle rive del fiume Yangtze in Cina.
Oggi, come in passato, il riso significa sostentamento per molte popolazioni. La sua produzione è fondamentale, pensiamo ad esempio ai popoli asiatici che ne fanno l’ingrediente principale in cucina.
La produzione del riso in Italia
Sono passati più di 500 anni da quando nella Pianura Padana è iniziata la coltivazione del riso. Periodo che vede la coltivazione in costante sviluppo, unica nel panorama agricolo italiano ed europeo.
In origine, sono due le specie introdotte per la coltivazione in Italia:
- “Oryza sativa” specie di origine asiatica, la più importante e coltivata ancora oggi.
- “Oryza glaberrima” specie di origine africana, coltivata sempre più di rado, considerata meno resistente e anche meno redditizia.
Dalla prima, derivano tre varietà:
- Indica, coltivata maggiormente in India.
- la Javanica, diffusa in Indonesia,
- Japonica, adatta alle zone temperate, da cui derivano le cultivar più comuni coltivate nel nord Italia, come Vialone Nano, Carnaroli, Arborio, Roma e Baldo.
Perché la coltivazione di riso in Italia è così diffusa?
Capire perché la coltivazione del riso è così diffusa nel nord Italia è semplice: per crescere, la pianta ha bisogno di umidità. Dopo la semina le risaie vengono sì “allagate”, ma fondamentale è anche il clima umido della pianura.
Dopo la preparazione del terreno, nel mese di aprile viene effettuata la semina. Successivamente le risaie vengono allagate per proteggere le piantine dall’escursione termica tra il giorno e la notte.
In passato, la cura delle piantine era affidata alle mondine: lavoratrici stagionali che si occupavano di “mondare” la risaia, cioè pulirla dalle erbe infestanti. Un lavoro molto faticoso: le lavoratrici dovevano stare per ore con la schiena curva e le gambe immerse nell’acqua fino alle ginocchia.
Il loro abbigliamento caratterizzato da un fazzoletto legato sul viso, gonna lunga e cappello a tesa larga ha ispirato vari film, come ad esempio Riso Amaro (1949) con Silvana Mangano e La Risaia (1956).
Nel mese di settembre, le spighe vengono raccolte e portate nelle riserie, solitamente chiamate Pile. Qui il risone, riso greggio, con le cariossidi ancora avvolte nelle glumette, proveniente dalle risaie dopo la trebbiatura e l’essiccamento, subisce la “pilatura”: viene cioè schiacciato allo scopo di eliminare la pula, che è ossia una parte degli involucri che rivestono il chicco.
In un tempo lontano ma non troppo, in questa fase il riso veniva battuto dai piloni di legno di melo all’interno di conche scavate in blocchi di marmo, azionate da grandi ruote grazie alla forza dei corsi d’acqua.
Il riso buono viene poi diviso dai chicchi rotti o non maturi. Quest’ultima operazione è sapientemente effettuata dal Piloto, il gestore della Pila storico custode dei segreti della lavorazione del riso.
Al giorno d’oggi, la lavorazione con vecchi pestelli viene mantenuta per una selezione speciale di risi, comunemente viene effettuata con macchinari ad aria compressa. A questa fase segue la sbiancatura, ottenuta mediante un processo meccanico di sfregamento.
Per regolarizzare la produzione di riso in Italia, nel 1931 venne istituito “l’Ente Nazionale Risi”, il quale istituì la divisione delle varietà in quattro gruppi di appartenenza:
- Tondo: riso con i chicchi più piccoli e arrotondati, ideale per minestre, sushi e dolci;
- Medio: riso con chicchi medi, di solito usati per minestre, con l’eccezione del Vialone Nano;
- Lungo A: riso dal chicco grande e arrotondato, include risi da risotto quali Carnaroli, Arborio, Roma, Baldo, S.Andrea, Ribe.
- Lungo B: dal chicco lungo, sottile, di solito commerciato nel Nord Europa.
Piantagioni di riso in Italia
I risi più coltivati in Italia sono quelli utilizzati per la preparazione di risotti, seguiti in quantità minore dalla tipologia Lungo A. Decisamente inferiore la produzione della specie Lungo B, coltivato invece principalmente in Spagna.
Piemonte
Il Piemonte è il maggior produttore italiano di riso, sfiora il 50% della produzione totale. La produzione si distribuisce nelle province di Vercelli, Novara, Alessandria e Biella, produzioni minori vi sono anche a Cuneo e Torino.
Il Riso Barbagia Biellese e Vercellese è l’unico riso DOP prodotto in Italia. La denominazione racchiude sette varietà; tra queste, l’Arborio è utilizzato per uno dei piatti tipici più conosciuti, la Panissa.
Gli ingredienti principali tipici della Panissa di Vercelli sono il riso Arborio, i fagioli coltivati nella città di Saluggia e il salamino della duja, un particolare insaccato morbido lasciato maturare in giare (chiamate doja) di terracotta riempite con strutto.
Lombardia
La Lombardia è la seconda regione per produzione risicola in Italia e vanta quattro province principali in cui avviene la produzione e la lavorazione del riso. Pavia, con i suoi 84 mila ettari e un territorio suddiviso nelle due sottozone Lomellina e Pavese, seguita da Milano, con i suoi 14 mila ettari, Lodi, 2 mila ettari, e Mantova, con poco più di 1.200 ettari.
In Lombardia vengono coltivate principalmente varietà da risotto. E come potrebbe essere altrimenti, visto che quando si pensa al patrimonio gastronomico lombardo, la prima ricetta che viene in mente è il risotto alla milanese? Preparato con riso Carnaroli, zafferano, midollo di vitello e burro per mantecare.
Piemonte e Lombardia rappresentano da sole il 93% della produzione nazionale di riso.
Per la storia: a Paullo, in provincia di Milano, nel 1945 è stato selezionato il riso Carnaroli e a Sant’Alessio con Vialone, in provincia di Pavia, è nato il Nero di Vialone, padre del Vialone Nano odierno.
Emilia-Romagna
In passato, la coltivazione del riso in Emilia-Romagna era molto più estesa, spaziava da est a ovest. Oggi, si limita alla zona del delta del Po, area ricca d’acqua e adatta alla coltivazione.
La provincia più importante per la produzione è quella di Ferrara, con i suoi 8 mila ettari di risaie. L’Emilia vanta anche le risaie più basse d’Italia: a Contane, nel comune di Jolanda di Savoia, il riso viene coltivato a tre metri sotto il livello del mare.
Nella zona IGP del delta del Po, condiviso con il territorio di Rovigo, si coltivano Carnaroli, Baldo, Arborio e Volano, che deve il nome a uno dei rami del fiume Po.
Veneto
La risicoltura in Veneto ha radici antiche, è probabile che abbia avuto inizio con la Repubblica Marinara di Venezia, grazie ai continui contatti e ai commerci con l’Oriente.
Nel territorio veronese, la varietà di riso maggiormente prodotta e consumata è il Vialone Nano, che nel 1996 ottiene l’IGP per primo in Europa.
Nel veronese si coltivano circa 2.500 ettari di riso, quasi totalmente Vialone Nano. Negli anni, l’importanza di questo alimento ha fatto sì che nascessero fiere a lui dedicate nelle zone di coltivazione. La più importante è quella di Isola della Scala, che in concomitanza al periodo di raccolta, festeggia il riso con un grande evento sin dal 1996.
Allo scopo di valorizzare il territorio a vocazione risicola è nata la Strada del Riso Vialone Nano Veronese IGP, Associazione riconosciuta dalla Regione Veneto.
Le regioni menzionate coprono insieme il 98% della produzione nazionale di riso in Italia. Il restante 2% viene prodotto in Trentino, Friuli, Toscana, Calabria, Sardegna e Sicilia.
Articolo di Samantha Fontana
Tutte le immagini, a eccezione di quella in evidenza, sono fornite dalla Riseria Ferron di Isola della Scala.
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