origine del pandoro

La storia e l’origine del pandoro: da Plinio il Vecchio al Signor Melegatti

Quando si parla di cose buone da mangiare durante le festività natalizie, le “squadre” nelle quali si divide la popolazione italiana sono proprio tante, così come sono tanti i campionati in cui giocare: pesce o carne, torrone o mandorlato, mostarda cremonese o mantovana e così via. Il vero e proprio derby si gioca, a mio avviso, tra pandoro e panettone. Entrambi dolci – si dice – dall’origine riscontrabile nel nord Italia, sono diventati simbolo delle feste in Italia. Per quel che mi riguarda, io “gioco” nella squadra del pandoro. Quali sono le origini del pandoro e perché questo dolce è da considerare tipico della zona di Verona?

L’origine del pandoro

Come per molte delizie tipiche della nostra penisola, anche per il pandoro vale la legge del “più una cosa è tradizionale, più è difficile trovarne le origini”. C’è chi dice che si mangiasse il pandoro già durante i primi secoli dopo Cristo. Ce n’è traccia in un testo di Plinio il vecchio, almeno secondo alcuni critici. Lo storico latino parla di un “panis” fatto con tanto burro. Sarà il pandoro? C’è anche una versione più recente di questa storia, pronta a portarci alla fine del XIX Secolo, nel laboratorio di panificazione dell’azienda di un certo signor Domenico Melegatti. Fu lui a depositare la ricetta e a brevettarla. La domanda ora sorge spontanea: la ricetta è di chi la brevetta?

Potremmo stare qui a raccontarcene di ogni ma il fatto è uno solo: spesso, molte ricette della tradizione, sono brevettate da chi arriva primo, pronto a trasformare un dolce popolare in un qualcosa di riproducibile in serie. Così nasce il pandoro industriale che tutti conosciamo. Vi è mai capitato di viaggiare lungo l’autostrada A4 in questo periodo? Passato il casello di Verona sud e continuando verso est, il profumo di pandoro che si diffonde nell’aria è qualcosa che inebria tutti gli automobilisti. Non si tratta di uno strano fenomeno fisico alieno; il tutto è dovuto alla presenza dei grandi nomi del pandoro italiano e alle loro aziende, molto vicine all’autostrada.

Il pandoro, qualsiasi sia la sua certa origine, è la summa gastronomica della parola “festività” messa a tavola. Tanto burro per celebrare una stagione fredda, un qualcosa di ricco per augurare prosperità. Un dolce fatto con gli elementi più basici che chiunque potesse avere nella propria dispensa: farina, uova, lievito e – per l’appunto – burro a volontà. Oltre a questo, dobbiamo aggiungere una sana dose di pazienza, simbolo che le cose buone vanno aspettate e poi gustate a dovere, con rispetto, per far lievitare, per cucinare e far raffreddare qualcosa di delizioso.

Tornando alle origini, sembra che il nome Pandoro derivi sicuramente dal colore dorato dell’impasto e – ci ritorniamo – al fatto di essere un dolce prezioso. La tesi storica che vuole la sua nascita ufficiale a fine del 1800 è supportata anche dal fatto che sembra fosse prodotto per i nobili austriaci di rappresentanza nel Lombardo-Veneto. Verità o no? Può essere che sia vero. Scavando ancora nelle tradizioni gastronomiche del Veronese, troviamo un dolce chiamato Levà. L’impasto è quello del pandoro, impreziosito da mandorle e glassa sulla parte superiore del dolce. La storia ci dice che mandorle e glassa siano state tolte dal Signor Melegatti, per facilitare la lievitazione della pasta. Fu così? Non lo sapremo mai: la ricetta originale Melegatti è chiusa in cassaforte. Anni fa, una cooperativa fondata dai dipendenti della storica fabbrica veronese salvò l’azienda dal fallimento. Chissà che emozione, diventando proprietari, poter vedere il documento originale con la ricetta!

Articolo di Giovy Malfiori

Foto di Samantha Fontana

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