
Cosa visitare all’isola d’Elba
Elba, ferro, viti e mare – La costa sud-est dell’isola etrusca
L’Elba, isola dell’arcipelago toscano, evoca gli Etruschi se lo sguardo si volge al passato, il mare se si guarda all’oggi, meta di vacanza sempre più gettonata ma il futuro richiede una visione più ampia per essere competitivi. Ora la realtà di questo ampio e articolato territorio è però ben più complessa e anche la sua storia non è solo legata agli Etruschi e a Napoleone, ma a molte genti che vi sono passate lasciandovi il segno, dai Romani agli Spagnoli che si ritrovano nei sapori. Non solo, ma dire Elba vuol dire ferro, viti e mare…e altro ancora. Quest’isola infatti è costa ed entroterra insieme ed è stata da sempre terra di vigneti fin dall’epoca antica, poi luogo di miniere che già gli Etruschi avevano scoperto e colline boschive quando, chiuse le miniere negli Anni Novanta del Novecento, perché non erano più redditizie rispetto alla domanda, la natura ha ripreso il sopravvento. Dagli anni Novanta l’Elba è tornata così a essere terra di viti ed è diventata zona di produzione di vini di qualità, dopo essere stata soprattutto fornitrice di uva bianca e vini da taglio. Il mare è per i più e per uno sguardo di superficie protagonista eppure quando si passeggia nell’isola talora lo si dimentica, mentre ferro e viti sono protagonisti, oggi, rispettivamente di ‘cimeli’ e attività. Dell’industria mineraria restano infatti le miniere, chiuse, diventate luoghi museali e attrezzature abbandonate, suggestive e strane che nel tempo, degradandosi, tornano ad essere ferro e a chiudere il cerchio; ma possono essere singolari escursioni.
Intorno ai vigneti invece sono sorte attività di ricezione e recupero archeologico creando le premesse per un turismo che non è più solo stagionale e balneare quanto culturale e improntato alla sostenibilità a tutto tondo, a cominciare dalla “Pesca con gusto”, titolo di un ciclo di incontri svoltisi tra aprile e maggio in cinque diversi comuni per ribadire la ricchezza del mare, la varietà di un pesce ‘dimenticato’, a torto definito povero. Il nostro itinerario nasce quindi per scoprire e riscoprire alcuni cammini elbani, legati alle risorse locali di qualsiasi tipo siano, a tavola come in mare. Il percorso è stato ispirato in parte dalla giornalista livornese di origini elbane, Patrizia Lupi, direttore della rivista annuale Enjoy Elba, che presenta ogni anno l’isola all’inizio della stagione estiva, con l’intento di destagionalizzare il turismo e di scoprire sentieri alternativi al circuito delle spiagge e soprattutto di raccontarne la storia e le storie. In effetti l’isola, oltre i suoi paesaggi vari e in certi punti di una bellezza struggente, offre più testimonianze e tracce che rimandano ad aneddoti, storie e leggende che monumenti veri e propri.
In viaggio verso l’isola – Come arrivare all’isola d’Elba
All’Elba si può arrivare in traghetto – ci sono diverse compagnie – da Piombino, con poco più di un’ora di navigazione, sbarcando a Portoferraio o Rio Marina o in barca privata, grazie ai numerosi porti e porticcioli; mentre da Pisa, Firenze, Milano e nella stagione estiva da Bologna, c’è un collegamento aereo con Silver Air con voli almeno bisettimanali che sono una vera passeggiata in volo e, se il tempo lo permette, consentono un primo sguardo sull’arcipelago di grande suggestione con arrivo a Marina di Campo. Da qui si può procedere verso Portoferraio e Porto Azzurro e visitare la costa sud-est. Un’accortezza nel prenotare taxi, auto e scooter, quella di fare attenzione ai tempi e ai prezzi. Le strade dell’Elba non consentono una marcia veloce e i prezzi di noleggio sono elevati.
Nell’isola bisogna perdersi tra colline, promontori e coste alte o sabbiose, insenature e golfi, scoprendo la gente… affabile, molto informale e al contempo un po’ ruvida. Non ci si aspetti un’isola elegante malgrado il turismo sia di casa, anche se l’isola è sempre più interessata da progetti di riscoperta di sé. In tal senso gli operatori sono impegnati a destagionalizzare il turismo creando appunto itinerari inconsueti.
Cosa visitare all’isola d’Elba
Porto Azzurro
Il nome non è originario, inizialmente infatti si chiamava Porto Longone ed era il porto del comune di Capoliveri dal quale poi ottenne la sua indipendenza, così mutò il nome ma dovette cedere il proprio stemma. Il comune che, insieme a Marciana Marina, è il più turistico, affacciato su un bel golfo, è sormontato dalla Fortezza San Giacomo, il carcere, che non è visitabile anche se si può arrivare fin sotto l’arco d’ingresso con una passeggiata che sale lungo il promontorio consentendo una vista suggestiva soprattutto nella primavera inoltrata quando il verde nuovo e i fiori vestono allegramente il promontorio. La Fortezza è un’imponente struttura militare costruita a partire dal 1604 per volontà di Filippo III di Spagna la cui posizione elevata all’imboccatura del Golfo era funzionale per l’avvistamento delle navi nemiche e quindi la difesa. Nel 1814 poi un edificio al suo interno fu adattato ad alloggio per ospitare Napoleone durante il suo esilio all’Elba. Dopo la caduta del Francese Porto Azzurro non restò a lungo francese passando sotto il controllo del Granducato di Toscana. Sulla parte opposta del golfo si avvista il Forte Focardo anch’esso non visitabile se non in occasione di manifestazioni concertistiche soprattutto in estate, in occasione di Elba isola musicale. Intorno alla piazzetta che si affaccia sul mare si snodano vie e viuzze con l’antico borgo dei pescatori.
In alto alle spalle del porto il Monte della Croce al quale si può arrivare a piedi con un sentiero che si snoda lungo la montagna e che parte dal famoso Nonno Pino, un grande pino così ribattezzato dai bambini. La Croce a 290 metri sul livello del mare svetta sul Monte Mar di Capanna, simbolo di Porto Azzurro al quale sono molto affezionati gli abitanti, ripristinata dopo un fortunale. Originariamente in longarine di ferro simbolo anche dell’attività estrattiva della zona, oggi è in un materiale più adatto alla conservazione. Sullo stesso versante, salendo la collina all’interno del Parco Naturale dell’Arcipelago Toscano, si arriva al Santuario della Madonna di Monserrato, ora chiuso per restauro. La chiesetta ha al suo interno una Madonna nera, la Morenita, detta così perché ispirata all’omonima Madonna spagnola della Catalogna. Normalmente viene portata fuori in processione l’8 settembre, partendo proprio dal Nonno Pino, e fino all’Ottocento è stata oggetto di grande devozione. La costruzione del Santuario fu voluta dal primo Governatore del nascente Presidio spagnolo nel 1606. D’altronde questa parte dell’isola è spagnola e fu contesa ai Medici che non riuscirono mai a conquistarla interamente, nonostante l’ambizione di Cosimo che edificò Cosmopoli, anche se insieme agli Spagnoli i Medici combatterono i Mori che facevano razzie da queste parte mentre i Francesi, già prima di Napoleone, erano presenti sull’isola. Il piccolo borgo di Porto Azzurro si raccoglie intorno ad una piazzetta affacciata sul mare sulla quale convergono anche alcune vie private dove non manca qualche occasione di shopping e sicuramente molti posti dove consumare un buon cocktail.
Dal punto di vista naturalistico non si possono mancare le spiagge belle di Barbarossa, la spiaggia Reale e della Motta. Con una buona marcia si possono raggiungere il laghetto rosso due in realtà di cui uno a Capoliveri – così chiamato per il colore delle acque ceduto dalla ferrosità del luogo, detto ‘bugiardo’, perché si riempie a seconda della pioggia. Infine suggestivo il Laghetto di Terranera, quasi al confine con il comune di Rio Marina, non balneabile, d’acqua dolce, sul cui fondale ancora ci sono dei macchinari per l’estrazione del ferro. Il nome è legato proprio alla composizione della spiaggia locale nera e luccicante per la presenza di pirite ed ematite, che si estraevano nella zona, un po’ appartata e molto tranquilla anche a Ferragosto.
Per chi ama le immersioni e lo snorkeling non mancano poi le opportunità per ammirare fondali di grande interesse.
Verso Capoliveri
Il borgo lo abbiamo visitato con il fotografo Francesco Lascialfari, fiorentino che si è naturalizzato sull’isola, e che ci ha raccontato la sua storia. Il paese guarda dall’alto Porto Azzurro ed è il comune più antico dell’isola, già di epoca etrusca. Fino all’Unità d’Italia era dominato da una Fortezza che poi fu smontata ma l’occhio attento ne rintraccerà i frammenti in palazzi e costruzioni e i resti dei bastioni. Il nome dal latino caput liberum ne indica l’autonomia dagli Spagnoli che dominavano la zona e che avevano schiavi. Questo borgo invece era una sorta di zona franca che resistette, indomito, anche a Napoleone quando fu all’Elba in esilio ma non in una condizione misera, avendo guarnigioni. Il noto francese mandava i suoi uomini sull’isola annunciando il suo arrivo e dicendo che l’isola era sua ma Capoliveri cacciò in malo modo i suoi emissari e anche l’Imperatore dovette arrendersi, decidendo di risparmiare il villaggio dalla distruzione.
Il paese merita una visita soprattutto la prima settimana di ottobre – il 7-8 ottobre 2023 – per la festa dell’Uva e quest’anno, ricorrendo i 70 anni dell’Accademia della cucina italiana, la delegazione dell’Elba, con un progetto in accordo con l’Accademia dei Georgofili, organizzerà una serie di eventi tra il 12, 13 e 14 ottobre. Per la festa dell’uva tutti i rioni del paese scelgono un anno dall’antichità ad oggi che decidono di interpretare nei costumi, arredo urbano e piatti che preparano, raccontando storie legate a quel determinato periodo. La competizione determinerà un vincitore al quale sarà donata una grande statua di Bacco che di anno in anno viene trasportata nel quartiere che si aggiudica la vittoria.
Portoferraio, tra cantieri dismessi e tracce storiche
Il paese nell’insieme non è bello, né caratteristico, anzi un po’ infelice urbanisticamente, soffre della concentrazione industriale di alcuni anni, della forte presenza dei cantieri, alcuni dei quali non più in uso. L’opportunità però è quella di un itinerario storico tra le Fortezze Medicee, il Forte Falcone, il Forte Stella, il Teatro dei Vigilanti, al momento chiuso per restauro e la Villa dei Mulini con il museo napoleonico. In realtà c’è anche un sito archeologico romano con un museo e gli scavi di una villa. Non sono luoghi imperdibili di per sé ma restituiscono il senso della storia e vale la pena una passeggiata. Scendendo poi lo scalone di Napoleone ci si ritrova nel centro dove in via Giuseppe Garibaldi si concentrano alcuni artisti ed artigiani. In particolare merita una visita il laboratorio di Chiara Scalabrino, artista di origine toscana, poi naturalizzata milanese che è fuggita ad un certo punto dalla metropoli per dedicarsi alle sue sfere artistiche realizzate in varie materiali e ispirate ad artisti diversi, da Bosch a Picasso, a temi quali le carte; sono in vetro, plexiglass, polistirolo le più leggere, ma anche terracotta, alcune dipinte altre rivestite dei collage con carta da ciclostile.
Marciana Marina e borgo Cotone
Marciana Marina è la località più raffinata, più residenziale, affacciata su un bel golfo di fronte all’isola di Capraia. Da non mancare la passeggiata a Il Cotone, il più antico insediamento del paese, il cui nome fa riferimento al dialettale cote, grande masso, ovvero la scogliera che difendeva il porticciolo e sulla quale furono costruite le prime case nel XVI secolo quando questo luogo era legato solo alle attività marittime e di pesca. Da borgo di pescatori, molti di origine ligure, napoletana e siciliana, si è trasformato in un quartiere esclusivo senza dimenticare l’antica vocazione marinara, oggi molto curato. Qui d’estate ci sono rassegne e manifestazioni di vario genere. Seppur inglobata nei palazzi si nota la struttura semicircolare della vecchia dogana. Tra le curiosità, sul porticciolo il set periodico della serie televisiva “I delitti del Bar Lume”, ispirata ai libri di Marco Malvaldi.
I vini e i sapori dell’Isola, a chilometro zero e a miglia zero
Qui i vitigni bianchi sono senza dubbio protagonisti con l’Ansonica, il Vermentino coltivato in tutto l’alto Tirreno e Procanico, un clone di Trebbiano. Non si può lasciare l’Elba senza aver assaggiato il suo Aleatico e merita un bicchiere anche la Mortella, che prende nome da un arbusto simile al mirto, prodotta dal liquorificio Smani.
Con lo chef, elbano di adozione, anche se nato a Piombino, Michele Nardi, abbiamo fatto una passeggiata tra le botaniche dell’isola, ricchissime e soprattutto ravvicinate che consentono una grande potenzialità di sapori, dalla nipitella, al rosmarino selvatico a molti fiori eduli che possono arricchire i piatti. Sua l’idea di una ‘Ribollita di mare’, versione elbana del famoso piatto fiorentino. D’altronde pochi sono i piatti veramente inventati all’Elba, più spesso interpretati da ricette che altri vi hanno portato. È il caso del baccalà che viene dalla Spagna e che qui ha una sua versione come la ‘Sburrita’, cibo tipico dei minatori. Tra l’altro, non essendoci nei mari locali il merluzzo ma un pesce, lo stocchetto, che può essere fatto essiccare lo si tratta in modo affine. Tra i piatti tipici le alici all’Elbana, il ‘Cacciucco all’Elbana’, rivisitazione con focaccia messa intorno al piatto perché il pane non si bagni troppo assorbendo il sugo. Altra specialità anche la ‘pasta alla Margherita’, la granceola locale che si trova a primavera; e anche la ‘bottarga’ è un ingrediente usato di recente per insaporire i piatti. La stagionalità è una delle caratteristiche di ogni cucina locale insieme al reperimento locale dei prodotti come pesci che ora si sono dimenticati quali lo ‘Zerro’ o il ‘Sugarello’ ma anche la morena. Preparazione tipica e gustosa la ‘Tonnina’, tonno salato in salamoia, preparato con tonnetti locali, di origine povera, contadina, veniva sbriciolato su patate, pomodori e pane, creando un piatto nutriente e saporito con poco; oggi invece ricercato e prezioso.
Tra i dolci troverete la ‘Schiaccia briaca’, ovvero la schiacciata ubriaca, è la rivisitazione di un dolce molto semplice con farina, acqua e frutta secca, nutriente e adatto a conservarsi a lungo, utile per chi era in mare che si è arricchito di Aleatico e Alchermes che gli conferiscono il caratteristico colore rosso, il dolce di Natale tradizionale da questa parti, quando appunto l’Aleatico era pronto. Ora questo nettare è da sempre importante basti pensare che un tempo era una dote per le figlie femmine. La versione della Schiaccia briaca di Capoliveri è invece bianca con l’aggiunta del solo Aleatico bianco. Altro dolce elbano, della zona occidentale però ma che trovate in ogni parte, il ‘Corollo’, semplice con un buco al centro, era un tempo il dolce delle feste perché preparato con il burro che qui era prezioso che può essere più o meno biscottato. Più recente il ‘Dolce di Napoleone’, che è di fatto un’invenzione ispirata a quanto si dice mangiasse Napoleone.
Nel Mediterraneo non si può dimenticare l’Olio che all’Elba ha un unico produttore IGP, Le due palme; e altri come Due poderi, l’Azienda Agricola La Sabatinaccia di Mario Rossi e il Frantoio Arduini con un frantoio di proprietà piacevole anche per una gita a Capoliveri.
Andare per cantine nel sud-est
Ferro, viti e mare si ritrovano nel vino dove la vicinanza della mineralità del terreno e della salinità del mare offrono sentori particolari al ‘nettare degli dei’. In questa zona dell’isola La Chiusa; Antonio Arrighi con i suoi vini fatti nel mare e ormai un simbolo dell’Elba nel mondo; Tenute Ripalte che offrono anche un Resort con soluzioni benessere e di percorsi sportivi e di immersione nella natura con percorsi di trekking; Valle del Lazzaro; La Faccenda e Montefabbrello a Portoferraio, la prima azienda bio certificata che organizza a fine vendemmia una festa dedicata all’Ansonica Zampinata nel palmento con l’enologo Marco Stefanini. Quest’iniziativa dedicata soprattutto ai bambini racconta il vino e la partecipazione collettiva alla sua produzione. Tutte realtà che raccontano sfumature diverse della ricchezza vitivinicola.
La nostra tappa è a Sapereta, azienda della famiglia Sapere, nata nel 1927 e oggi alla terza generazione. La visita è interessante perché la cantina offre un panorama interessante della produzione vinicola oltre un’esposizione permanente di oggetti e attrezzi storici, una sorta di museo contadino, e un ristorante di buona qualità dove si può pranzare o cenare con di fronte il panorama di Capoliveri. Azienda quasi centenaria, all’origine era un podere con vigna, ulivi, qualche animale; quando alla fine degli Anni Cinquanta il nonno mise dei vitelli per produrre latte in busta dovendo superare la diffidenza dei consumatori di allora che ancora non capivano l’importanza della pastorizzazione e omogenizzazione. Insomma questa gita può offrire uno spaccato dell’evoluzione del gusto nell’isola e non solo. È il 1965 quando nasce il primo vino in bottiglia, Procanico, ecotipo di Trebbiano, più profumato con un grappolo non a coda di rondine, più concentrazione e spiccata mineralità, che lascia in bocca un fondo di mandorla. All’inizio non piace a tutti ma piano piano si fa strada. Lo affiancheranno così per sostenerlo il Vermentino, l’Ansonica e l’amato, un po’ ruffiano, molto internazionale Chardonnay. Fa capolino anche il rosso un Sangiovese all’80% con un 20% di Syrah che fa un breve passaggio in legno e poi si assembla con lo stesso blend maturato in acciaio. Un’altra possibilità è l’incontro del Sangiovese con l’Alicante qui chiamato Tintiglia, ricordo della cultura spagnola dell’isola. La spumantizzazione non ha convinto negli Anni Ottanta gli elbani e così Sapereta ha scelto la via breve, quella del metodo Ancestrale per un prodotto fresco, estivo, praticamente senza maturazione sui lieviti, realizzato con il Vermentino. Fiore all’occhiello l’Aleatico passito con appassimento metà al sole in ceste e metà all’ombra per non renderlo stucchevole cercando di bilanciare dolcezza e freschezza. Nasce così Dalidie (dalle iniziali dei nomi dei figli dell’attuale proprietario, Danae, Livia e Diego); e in versione rosata. Per chi cerca l’internazionalità su un’isola che comunque è abituata a un turismo internazionale qui trova anche qualche sperimentazione come gli Orange Wine.
Dove mangiare all’isola d’Elba
Semplicità, buona accoglienza, sapori di mare, una cucina ben presentata e tradizionale con molte erbe locali sono le caratteristiche della ristorazione elbana, spesso con un tocco vintage.
A Porto Azzurro alla Spiaggia di Barbarossa vale la pena una sosta sulla spiaggia all’Osteria Moresca dove si può mangiare in modo informale la cucina di mare e anche dolci gustosi, gluten free. Sul porticciolo la scelta è varia. Abbiamo provato La Caravella, una palafitta la cui prua si affaccia sul mare in pieno centro e conserva l’atmosfera familiare di un ristorante nato nel 1950 quando Aladino Adami cominciò la sua avventura. Per un aperitivo o una formula diversa, aperto tutto l’anno, il sushi bar in pieno centro, Ancòra uno, con una cocktail list importante da abbinare in modo personalizzato, tranne il martedì (ma da giugno a ottobre sempre aperto) dalle cinque del pomeriggio alle due di notte, fa anche delivery sulle barche, non solo in porto ma in mare. D’altronde il gusto del bere miscelato è molto sviluppato sull’isola e offre proposte non banali. A Portoferraio simpatico il Molo G, in un ex cantiere per la costruzione di barche, è un locale nato dalla voglia di avere un punto di incontro di gente di mare, molto accogliente, simpatico, dove si bevono solo vini biologici, con un bell’affaccio sul mare. In alto invece, proprio accanto al Teatro dei Vigilanti, Teatro Bistro & Wine Bar, tenuto da una coppia, Antonio e Fiona, si mangia cucina elbana tipica di mare e qualche piatto di terra, un ambiente molto accogliente. Da assaggiare il tiramisù della casa con l’Aleatico e l’Alchermes. A Marciana Marina, forse i tre migliori ristoranti dell’isola, SaleGrosso, appena rinnovato grazie all’arrivo dello chef Guy Iradukunda, rwandese, cresciuto in Belgio a Liegi e da tre anni in Italia, che gioca con sapori di diverse tradizioni, proponendo una cucina di mare, creativa, con una presentazione fantasiosa e raffinata, dai sapori ben riconoscibili, senza leziosità inutili. Da provare anche Umani che sta lavorando bene, spingendo sulla creatività e innovazione, riservando una parte della proposta a sushi e crudi; mentre si conferma valido Capo Nord, un grande classico con una bella terrazza direttamente sul mare.
Dove dormire sull’isola d’Elba
A Porto Azzurro all’hotel Due Torri (un tre stelle gestito in modo molto garbato) in centro; l’Approdo (tre stelle) con un bell’affaccio sul mare poco prima dell’arrivo al porticciolo e poco prima ancora l’Hotel Plaza (cinque stelle), con una splendida terrazza; mentre poco distante La Caletta con annesso ristorante sul mare (quattro stelle), offrono valide alternative.
Acquisti sull’isola
L’isola non ha un artigianato caratteristico e forse le proposte gastronomiche sono le migliori come quelle della Pescheria da Antonietta a Porto Azzurro con molti prodotti di trasformazione nati per non sprecare il pesce che nell’inverno non viene consumato sull’isola e di Armando in Porto Azzurro, che presenta una selezione interessante di marmellate artigianali con profumi e sapori dell’isola, come la pesca all’aleatico e una bella scelta di vini, non solo elbani; oltre alle birre artigianali prodotte dalla Birra dell’Elba, nata originariamente a Rio Marina, di Valerio Tamagni a Portoferraio.
Poi da menzionare che sull’isola sono nati Locmann per gli orologi e L’Acqua dell’Elba, creazioni ormai di rilievo internazionale che qui però sono legati al territorio anche per l’impegno degli imprenditori rispettivamente nella Fondazione Isola d’Elba e nei Sentieri delle essenze e dei profumi, per un percorso tra natura e cultura alla scoperta dei sentori dell’isola con un progetto in cantiere per questa prossima estate.
Articolo e foto di Sophie Moreau
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